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IL TESORO DEI CICLOPI

 

a cura di Lucrezia Musella

In un tempo non definito, quando ancora si potevano intravedere tra le stelle gli Dei e sulla terra si invocavano le loro gesta con tribale ritualità, nelle caverne più remote del nostro pianeta lo scoppiettio di una fiamma avrebbe potuto tradire una sinistra presenza. Non una voce, piuttosto un suono. Il metallico rimbombo di un passo goffo e pesante, avrebbe immediatamente guidato la nostra curiosità conducendola, con non poco timore, fino alle pendici di una roccia scura e umida. Si dice che in pochi siano riusciti a sopravvivere alla vista di quanto trattenuto al suo interno. Uno di questi sono certamente io.
Gambe e braccia possenti come colonne di templi greci si agitano nella penombra riscaldata dal fuoco. Giganti forti e silenziosi spostavano con veemenza e compiacimento oggetti meravigliosi che non avevo mai visto prima. Guardiani dei codici e dei segreti dell’umanità, i giganti con un occhio solo custodiscono contenitori magici di sogni e realtà: il Tesoro dei Ciclopi è il tesoro del mondo. O almeno di ciò che del mondo è rimasto.

Nelle grotte oscure, bagliori dorati.
Ogni cosa suscitava stupore e, in quell’immenso caos visivo, il mio sguardo fluttuava come una saetta da un’immagine all’altra. Rapidamente, per non perdermi niente, l’occhio vagava su e giù, a destra e a sinistra, in diagonale, verticale e orizzontale! Alcune forme mi rassicuravano e mi facevano sentire a casa, altre invece risultavano sconosciute e misteriose. La sensazione era quella di trovarsi davanti ad un mare in tempesta. Un’onda vertiginosa di cui si ha paura ma si subisce anche l’attrazione. Assistevo all’alba di una nuova era.


Quello in cui ci accompagna Edoardo Casini (1980) è un viaggio dentro ed oltre l’idolo. Da Occidente a Oriente, la serie di dipinti creata dall’artista è un insieme di riferimenti che guardano all’icona e a ciò che il divino e lo spirituale hanno rappresentato per l’arte. Casini attinge al proprio bagaglio culturale, prendendo e rimescolando - non privo di una certa ironia - emblemi della storia dell’arte spirituale, mistica, religiosa.
Non vi è la necessità di un’aderenza storica, ogni segno viene estrapolato e agitato secondo l’urgenza dell’artista in modo da trasferire all’osservatore una particolare sensazione.

I soggetti esplorati sono presi a prestito da immaginari molteplici. Spaziano da Minotauri, Centauri, Ciclopi che si rifanno alla mitologia classica, fino ad arrivare alle Madonne col bambino e agli angeli di tradizione cristiana, passando nel frattempo per simboli legati alla mistica orientale, come ad esempio Shiva, o quelli di origine Mesopotamica come il Toro Babilonese. Dietro il simbolismo più esplicito di un’iconografia familiare, osservando le opere con maggiore attenzione, risulta evidente come il patrimonio iconografico di cui si serve l’artista non è altro che il pretesto per raccontare una storia. Negli angeli ripresi dal Beato Angelico, ad esempio, se è vero che è possibile riscontrare i medesimi tratti distintivi del modello - pose, gesti e persino gli stessi ricami sulle vesti - è altrettanto vero che la rappresentazione di Casini inganna la percezione dell’osservatore in quanto non vi è una coerenza assoluta: il più delle volte gli angeli sono rivolti dalla parte sbagliata. Le immagini, infatti, non sono copie esatte degli originali, piuttosto scatti di memoria che si riversano sulla tela come presenze evanescenti. Silhouettes dai tratti leggeri, sbiaditi che persistono sulla superficie in un trapasso immaginifico che, attraversando i secoli, giunge nell’immediato presente. Rimane una traccia, inconfondibile, che si sfuma con la vivacità dei colori utilizzati dall’artista. Nuvole di tempere e acrilici, questi i materiali utilizzati principalmente, che partecipano nella definizione di un’atmosfera sognante e fantastica delle tele.

Il legame con il territorio toscano e la cultura rinascimentale è palpabile. Si intersecano tra loro elementi concreti e di vita quotidiana, come nel caso della Madonna del sorriso ripresa da Masaccio dove, in un gioco di contrasti e di illusioni, Casini inserisce sopra la tela un vecchio stampo da gessi. Quest’ultimo, incastonato nella cornice, simula la cuspide di una pala d’altare contribuendo, da un lato, a contestualizzare l’origine dell’opera, ma dall’altro, simultaneamente, ad estraniarla completamente da un punto di vista spaziale e temporale. Lo stesso meccanismo si innesca con i fondi dai motivi geometrici presenti su molte delle opere esposte. Questi sono sì motivi decorativi, ma a livello inconscio riportano alla mente la sensazione di sfiorare con lo sguardo il bugnato a punta di diamante tipico dei palazzi rinascimentali. Ecco che, ancora una volta, l’artista è capace di conferire alle figure una certa solidità e al tempo stesso di astrarle totalmente dalla realtà. Tutte le coordinate spazio-temporali sono dunque alterate attraverso la forza di una pittura dolce, dal carattere deciso e immersivo. La piattezza delle figure è infatti compensata dalla matericità della pittura in grado di suggerire inaspettati volumi. Oltre alle tempere e agli acrilici sono presenti anche acquarelli, oli, carboncino e gessi.
Allo stesso modo risulta evidente l’attrazione nei confronti di divinità ancestrali di derivazione orientale. Questo è il caso ad esempio del Toro Babilonese, figura emblematica della cultura mesopotamica che incarna, secondo un taglio prettamente mistico, uno degli incroci più antichi tra umano e divino, dove il divino coincide con una forza superiore e potente che risiede nel cielo. Il Toro Babilonese è infatti la prima divinità che viene associata allo zodiaco. Solitamente gli attributi con i quali viene rappresentato sono: le corna, che simulano le sembianze della mezza luna, e le ali, che simboleggiano il potere regale. Il Toro è enfatizzato da Casini nelle sue caratteristiche principali e si pone nei confronti dell’osservatore con una solidità e una monumentalità provocatorie, occupando quasi tutta la superficie della tela. In questo caso lo sfondo viene meno, risultando più vago rispetto alla figura del toro che invece è ritratta in maniera più dettagliata.

In questo mondo dove sacralità e ironia convivono armoniosamente in una tensione ideale tra terra e cielo, umano e divino, il fil rouge delle opere risiede nella cifra stilistica dell’artista. Una trama di colore nero che si rivela allo sguardo come un pentagramma pittorico. Questo insieme di segni invade la superficie della tela, andando ad aggiungersi alle precedenti stratificazioni e determinando la fine del processo creativo.
Per raggiungere questa particolare texture - così la definisce Casini - l’artista ha dovuto affrontare un lungo periodo di sperimentazione che lo ha condotto a comportarsi più come uno scultore che come un pittore. Partito da una prima fase di pittura figurativa, Casini ha avvertito la necessità di abbandonare la sicurezza di quelle immagini precise e chiare. Ha iniziato quindi un processo di sottrazione nei confronti della materia e dell’immagine. Di qui, dopo aver raggiunto una sorta di grado zero, una trama nuova ha cominciato ad emergere. Figlia di un’ossessione, questa trama trattiene simbolicamente tutte le possibili pennellate esistenti: dripping, pennellate ampie, pennellate impressioniste, puntinismo. Un vero e proprio inno alla pittura occidentale. Si aggiungono all’appello anche figure stilizzate provenienti da libere associazioni mentali che, senza un reale scopo, partecipano nella definizione della texture. Potrebbe accadere che l’occhio si soffermi nella contemplazione di linee dalle sembianze acquatiche, magari vere e proprie meduse, ma anche simboli di origine araldica come ad esempio stemmi o, ancora, di origine ancestrale e rupestre. Da un punto di vista formale, infatti, la texture si comporta come un insieme eterogeneo di segni che riportano alla mente il ricordo di un’antica arte muraria.

Con un balzo si passa da una Madonna ritratta nei panni di madre affettuosa ad un Centauro possente e fiero. Apparentemente non c’è un legame tra i vari simboli, appartenenti ad epoche e religioni differenti, ma proprio in questa contraddizione risiede il significato del viaggio intrapreso dall’artista. L’idea stessa del viaggio riecheggia anche nei formati e nelle dimensioni delle opere che risultano essere tutti diversi. L’impressione è quella di muoversi con fluidità, oscillando da un punto ad un altro.
Casini ci chiede di seguirlo in quella che potrebbe essere definita come la sua personale wunderkammer. Solo affidandoci alle suggestioni emanate dalle sue opere è possibile avviare un corto-circuito atto a stimolare gli angoli più sensibili della nostra immaginazione
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