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MOSTRA SPECCHI D’ACQUA
Firenze  _ Fornaciai Art Gallery

CHIARA MONTENERO
Ho seguito il costante e progressivo avanzare di Chiara Montenero nella sua ricerca espressiva in un
processo di individuazione della sua identità che l’ha indirizzata a sperimentare temi legati alla scrittura da
cui trarre ispirazione. Il suo è stato un passaggio naturale, animata -come poetessa e scrittrice- da una
devota ammirazione per la letteratura, quasi un tentativo di rimanere nel suo habitat pur sperimentando
un’altra arte. Le sue opere, de sempre, portano titoli di libri di autori della narrativa italiana e straniera. E’
proprio il contenuto del testo che potrebbe risultare un mero espediente espressivo, ad assumere un ruolo
centrale per la sua poetica.
Da questa impostazione di base il coinvolgimento soggettivo è essenziale per la ricerca formale che viene
sviluppata fin nei suoi primi lavori attraverso l’interdipendenza fra segno, colore e materia. Talvolta è il
segno graffiato ad appropriarsi dello spazio, dove il colore riveste un ruolo secondario, talvolta è invece il
colore a sottomettere la forma quando si scioglie in un’unica stesura pittorica dove col tempo, si affermano
appena accennati lacerti grafici e figure geometriche che campeggiano al centro della tela o disseminati a
caso o incastrati in addensamenti materici messi in rapporto con toni di chiaro e di scuro.
La visione poetica ed evocativa di Chiara Montenero raggiunge Il punto di svolta con la mostra
“Raccontamenti” del 2017 al Museo del Bardo di Tunisi dove la manifestazione pittorica dell’oggetto si
inserisce in un contesto intelligibile, a volte fluido a volte incontrollato in cui l’impianto formale viene ad
arricchirsi dall’ introduzione ripetitiva, anche se strutturale, della figura del quadrato declinato in variazioni
sia spaziali che grafiche. E’ un’evoluzione che annuncia un cambio di registro sia lessicale che simbolico
basato sul binomio colore- forma e segno – colore, la cui risultante stilistica si mantiene in equilibrio
portando a maturazione quel dinamismo espressivo già presente fin nelle sue prime opere. A dare il ritmo a
una nuova narrazione si affacciano altri artifici affidati o a piccoli segni in cui la combinazione dei colori
dona uniformità all’ enunciato compositivo o a impennate di grumi materici composti dal contrasto di due
colori come nella mostra “Raccontamenti 2” tenutasi a Roma nel 2018.
Nelle opere più recenti si assiste a un processo che porta alla scelta di modulazioni stilistiche caratterizzate
da un rigoroso tema formale che si risolve nei monocromi, dove colore e segno si autoannullano in una resa
pittorica raffinata affidata all’utilizzo del gesso, che ricopre l’intera superficie, portata a una elevata
maturazione tecnica. Versatile e veloce nell’appropriarsi di nuovi stilemi espressivi legati indissolubilmente
alla sua passione letteraria, si cimenta nel raffronto tra letteratura e mare rappresentato attraverso la
chiave di lettura di romanzi come “Oceano mare” di Alessandro Baricco e di “Outann, ombre sul mare”
dell’autrice tunisina Azza Filali, da cui le mostre omonime rispettivamente del 2019 a Roma e del 2021 a
Tunisi.
E’ un mare vissuto come contenitore emozionale di tutta l’esistenza umana, quello descritto nel corpus
delle 11 opere presentate nella mostra dal titolo “Specchi D’acqua” che prendono il titolo dal libro di
Virginia Woolf “Le onde”, frutto di una scelta molto ponderata, dato che si tratta di un testo complesso
considerato dalla critica un’opera sperimentale della grande scrittrice inglese, che indaga sui moti
dell’animo da cui discende il sentimento dell’empatia, un argomento che a Chiara sta molto a cuore,
motore propulsivo di tutta la sua ricerca artistica sia nel campo della scrittura che in quello della pittura.
Per apprezzare appieno questi ultimi suoi lavori, bisogna porre attenzione sui due elementi che
universalmente rappresentano la vita.

In questi lavori Chiara scruta infatti il variare della luce attraverso i riflessi dell’acqua.

E’ qui il nesso con il testo di Virginia Woolf: i sei grandi monocromi rigorosamente
bianchi sono sei come i protagonisti del libro.

Se il bianco, il non colore che viene qui preso come simbolo dell’innocenza dei bambini che si affacciano
alla vita, vuole anche rappresentare la dolorosa storia del lutto che li colpirà e a cui dovranno assistere. E’
questa narrativa sia poetica che metaforica presentata con disarmante semplicità, in cui le connotazioni
immaginarie, gli elementi autobiografici strettamente legati alla sua storia privata e alla sua origine
culturale, vanno a formare una base di solida, quanto credibile autenticità.
Anche nei dipinti di piccoli dimensioni che nascono monocromi e poi si sporcano di spruzzi di colore, è
facilmente riconoscibile un aderente riferimento all’incipit del libro “Le onde”: “il sole non era ancora sorto.
Il mare era indistinguibile dal cielo tranne per il fatto che era leggermente sgualcito dal cielo come se un
panno avesse delle rughe. A mano a mano che il cielo si sbiancava, una linea scura si stendeva
all’orizzonte”. L’immagine di cielo e mare che si confondono, un mare descritto magistralmente dalla Woolf
come un panno sgualcito con le onde che rifrangono la luce, il riverbero filtrato dal sole e l’acqua increspata
dal vento che mostra in superfice accecanti luccichii.
A Chiara va riconosciuto il merito di riuscire a trovare quella correlazione che le consente di rimanere
aderente al testo grazie alla traduzione trascritta, nella stesa uniforme sulla tela realizzata con un unico
colore e con l’ausilio del gesso. Con questi ultimi 11 lavori poetici, a cui ha dato lo stesso nome del libro “Le
onde”, si assiste all’ennesima dichiarazione d’amore per la scrittura, un’attrazione felicemente fatale che le
permette di compiere un atto creativo attraverso l’essenza del testo analizzato. Stasera mi si presenta
l’occasione per augurare alla mia amica Chiara, di continuare in questa direzione a lei congeniale, a cui
aggiungere un segno di discontinuità nella sua ricerca espressiva con l’impiego di nuove istanze formali.

Irene Niosi

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